Bagnoregio (VT) è un comune con poco più di 3.600 abitanti, dista dal Capoluogo circa 28 km. Anticamente conosciuto con il nome di Bagnorea, è noto per aver dato i natali a Bonaventura, religioso e filosofo del XIII secolo.
Ha una superficie di 7263 ettari (circa), comprende le frazioni di: Vetriolo; Castel Cellesi, il borgo di Civita di Bagnoregio, i nuclei di Capraccia e Ponzano.
Il Borgo di Civita è arroccato su uno sperone di roccia tufacea a 443 metri s.l.m. e dai punti panoramici appare in un isolamento quasi irreale.
L'origine del nome "Bagnoregio" non è stata ancora accertata.
Il nome Balneum Regis, corretto poi in Bagnorea e ripristinato, con decreto regio, nelle forma originaria italianizzata solo nel 1922, deriva dalla presenza delle acque termali connesse con il vulcanismo vulsinio.
La leggenda vuole che Desiderio, re dei Longobardi la battezzasse con tale nome, perché guarito da una grave malattia proprio grazie alle acque termali che scaturivano dalla città; ma un documento del '600, una lettera scritta da Gregorio Magno, riguardante la nomina del vescovo della città, cita il toponimo Balneum Regis, dunque già in uso prima della dominazione longobarda.
E' comunque probabile che il nome derivi dalla presenza di acque termali dalle particolari proprietà terapeutiche.
I primi reperti che testimoniano tracce di vita umana nel territorio di Bagnoregio appartengono al Neolitico (6000-3000 a.C.).
Troviamo: utensili, armi in selce comprendénti cuspidi di frecce, piccole lance, coltelli, raschiatoi e asce.
In questa epoca preistorica l'uomo primitivo comincia, con l'acquisizione dell'agricoltura, a «svincolarsi» dalla natura e a dominare l'ambiente adattandolo alle proprie esigenze.
Per la prima volta gruppi umani, che per centinaia di migliaia di anni avevano seguito la migrazione degli animali da cui trarre nutrimento, si riuniscono insediandosi stabilmente in villaggi.
A Bagnoregio «sotto un cielo sì bello, sopra sì ridenti colline, in mezzo ad aria sì pura, in una terra che sì abbondantemente risponde alle speranze dell'agricoltore...» (G.M. Quintarelli), l'uomo del neolitico trova evidentemente l'ambiente ideale per costruirvi un villaggio fatto di capanne.